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Vocabolario

AREDES: si andava dall’arredatore per prendere quelle cose che erano necessarie (il letto, etc.).

BORSA DEL TABAC: l’orologio con catena d’argento. I ragazzi buli avevano anche la cintura ricamata sempre dalla fidanzata e foderata da pelli di gatto o di coniglio.

BURCIO O TECIO: era il tipico cappello senza tela di panno. Anche il basco veniva usato molto dagli uomini sia per il lavoro, che per la domenica, questo era più bello, di panno blu e indossato la domenica.

CALZE: di lana bianca a trecce, fino al ginocchio dove finivano i pantaloni, chiusi con fibia e due Mazzocole, ciuffi rotondi colorati.

CALZOI: erano usati quando arrivava la neve nel trasporto di legna, letame e fieno e consistevano in dei copri pantaloni che andavano dal ginocchio al copri dalmeda, tomaia di lana di pelto con punta foderata di pelle con lacci legati sotto alla dalmeda .

CARPETA: sotto veste sotto la sottogonna.

CAS: bustino attillato al petto , che veniva messa sopra la camicia con maniche strette. Ricamato in oro e con delle pieghette stirate.

DALMEDE: scarpe di allora. Per gli uomini erano fatte con suole di legno, foderate di brocche, i tacchi con i ferri di cavallo si usavano per andare in montagna a prendere la legna, il fieno, etc. Erano antiscivolo, per guidare le stroze (slitte) e il trozat (slitta di legno per portare il letame). I ramponi erano nella punta e nel tallone.

DELUEDE: erano tipiche scarpe fatte con tomaia e suole di legno, oppure gli zoccoli aperti dietro. Chi poteva permettersi i vestiti nuovi si chiamavano “sioracoli” mentre i più poveri dovevano rattopparli.

EMOZ O SLITON: era una mezza slitta per il trasporto con neve dei tondi del legname per portarli alla segheria.

FAZZOLETTO DA TESTA: era a fiori, di lanetta e legato dietro la nuca con i due angoli visibili.

FOL: erano i laboratori dove si lavorava la lana, la canapa e il lino. Telai- filature rudimentali e oggi è rimasto il nome dalla località. La lana veniva tinta con il muschio se di color verde; col garofano se di colo bordò; con foglie di noce se di color giallo; con foglie di san buco se di color verde-rosso; con la pelle delle cipolle se di color rosa; con bucce di nocciola se di color grigio (solitamente colore usato per le calze); mentre il colore bianco e il nero erano naturali.

GABAN: è un pastrano, tipico cappotto. Altri usavano la Mantelle nere molto calde, di mezzalana.

GHEDA: grembiule di lanetta per la domenica.

GHEDA DI FRUSTAGNO: grembiule fatto di stoppe e cordelle di stoffa o di lana senza tasche. Molto grosso perché l’acqua non entrasse, serviva per portare i bimbi dal campo, le mele, le patate a lavare quando si faceva la liscia (pulire con la cenere).

GILET: era un indumento senza maniche, abbottonato davanti. Guarnizione con la “Plus” camicia fatta con le maniche molto ampie di tela di canapa. Ricamato con fiori, con Gesù o con scritte sacre perché ai tempi erano molto parventi sulla schiena del gilet.

INNAMORAMENTO: veniva quando si andava a messa la domenica. Ci si incontrava in piazza fuori dalla chiesa, uno sguardo timido, semplice e puro; era l’unica occasione.

LAVEL: arnese utilizzato per lavare nella roda (piccola quantità d’acqua). Si utilizzava quando faceva freddo per pulire dai pidocchi, per pulire il grosso quando le donne partorivano (non si poteva andare al lavatoio perché era un po’ indelicato), per pulire i pavimenti in legno o le piastre con il bruschino.

PATEL: è la parte davanti del pantalone. Ricamato dalla fidanzate più brave. La leggenda racconta che con furbizia, ogni sera le ricamatrici facevano provare i pantaloni al fidanzato/marito, e così come Penelope, ogni notte disfacevano quello che di giorno ricamavano, così da poter riprovare più volte i pantaloni. Ogni città ha la propria parola per indicare questa zona (per esempio a Venezia lo chiamano el Pateon).

SCRIGNO: ognuno possedeva un piccolo scrigno. Un armadietto 20x20 posto nel muro solitamente dietro il quadro della Madonna, o la foto degli sposi, o della famiglia.

STAMET: panno molto caldo che stava in piedi da solo. Si usava per pantaloni perché molto resistente a anche la giacca (jaca) era piuttosto corta per risparmiare stoffa.

STUA DEL FILO’: stanza dove si raccontavano le storie di una volta. Nel mentre si filava il lino o la canapa attorno al “fornel a musat”

TAPA: suola in legno.

VESTITI DE LA FESTA: erano i vestiti che si mettevano per andare alla Messa principale della domenica e appena tornati a casa bisognava cambiarsi e mettersi quelli da lavoro, così quelli della festa duravano di più.

VESTITO DE PLAO: significava levarsi il vestito che si usava nelle stalla o in montagna per prendere il fieno.

DECORAZIONI DELLA TESTA DELLA DONNA: 

CURARECIE: arnese regalato dalla suocera alla futura nuora con il significato le cose venivano dette una volta soltanto (erano famiglie patriarcali)

MANINA: in corallo, significa che bisogna sempre aiutars

PIEDINO: in corallo, significa seguire sempre il marito.

SPADA: significa gioie e dolori nella vita coniugale.

TREMOLA: significa che il matrimonio è sempre in bilico.

LAVORAZIONE DEL LINO

ANDANTE: tela più bella, liscia e morbida

BRENTA: recipiente in legno a doghe con scarico laterale, chiuso con un bastone su misura

BULA: la buccia che copre le spighe del lino

CARPIDE: fibre tessile di lino o canapa che si ottengono dopo la pettinatura.Lo scarto serviva per fare i lenzuoli delle corde, tappeti, grembiuli, sacchi per la ferina, strofinacci per la cucina, piccole tovaglie per la tavola (detti mantili)

CAVA’: togliere; levare la pianta una per una

COLADOI: lenzuolo di tela resistente con tela fitta che serviva come filtro per la cenere e si sarebbe poi ottenuta la lisciva

CORLO: arnese fatto di legno per disfare le matasse di lino, canapa e lana per poi fare i gomitoli pronti per portare alle donne che avevano il telaio per la tessitura. A Mezzano c’erano 8 telai mentre a imer erano 4

DESRTENDER EL LIN: stendere sul prato falciato, fasci di lino per 20 giorni finchè diventa maturo: si deve rompere stropicciandolo con le mani.

FAIE: piccole matassine attorcigliate chiamate POPE. Due di queste si mettevano sulla rocca per poi filare

FILAR: alla sera le donne filavano il lino e/o la canapa nella stanza dei filò, al calore del fornel a musat. Ci si sdraiava sul fornello per scaldarsi ascoltando le storie di una volta. Il fornello a musat si scaldava con delle fascine nel pomeriggio (la bocca del fuoco era nella cucina) così alla sera era pronto per il filò

FIZOI: matasse.

GHEDA: grembiule. Il seme del lino si metteva nel grembiule e si seminava raccogliendolo con la mano

GRAMOLA: attrezzo appositamente fatto per togliere gli scarti dei fasci di lino

LISCIVA: acqua bollita nella calgera con cenere

LINZOL DE LE CORDE: tessuto grezzo con una corda per ogni angolo utilizzato per portare il fieno nel fienile.

MACA’: battere sul ceppo di legno.

MAZOCHE: la spiga del seme di lino, piena e secca.

MAZOLA: pezzo di legno rotondo con un manico (assomiglia al mattarello solo che con un manico solo).

NASP: arnese per fare le matasse levando il lino filato da fuscello del arcolaio (filatoio)

NET FIL: lavato con cenere al lavatoio con lisciva

PAPE DE SEME DE LIN: pappe di seme di lino; il seme del lino si bagna con un pò d’acqua, si scalda nella padella di ferro e si mette in un sacco di stoffa (viene come una pappette omogenea: ottima per curare ascessi, stitichezza; un cucchiaio in mezzo bicchiere d’acqua a mollo per una notte bevuto al mattino serve per il mal di denti e per il mal d’orecchie, si appoggia la pappetta sulla guancia/orecchio)

POPE: pulito il lino dopo la gramolatura, spigolatura, si arrotolavano su se stessa quasi da sembrare delle bombolette o pic-otte.

POTOLI: stoppe più ordinarie resti peggiori della pettinatura di lino e/o canapa, messe sul fuso (rocca: bastone con testina), si arrotolavano a mano per la filatura

QUARANTENA: fascio di pope di lino o canapa

RESTE: residuo che esce dal lino mentre si gramola

SCADENTE: tela meno bella più gropolosa.

SPIGOLA: asse con chiodi girati all’in su. Anche questo attrezzo lascia cadere le reste, ultimo residuo prima di filare.

STOPPE: gambi di lino grossolani, scarti delle fibre di lino e/o canapa per stoffe resistenti.

VAN: un grande setaccio in vimini, fatto di forma rotonda con un bordo fatto con un legno alto e metà con un legno più basso la cui base era bucata con dei fori minimi. Veniva usato nei giorni di vento per pulire il lino

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